Qualcosa da odiare - Jari Lanzoni - IV° Concorso Fantascienza LGBTQI - 2°Classificato

Qualcosa da odiare
Jari Lanzoni

Inerme. Così la donna inginocchiata, vestita solo del saio arancione dei prigionieri di guerra, appariva all'Ammiraglio Markus Dynolph, e così lui preferiva averla a disposizione, mentre l’interrogava nella plancia della nave da guerra Aryan. Attorno a lui, in due ali separate, una decina di autoproclamatisi Giudici dell'Alto Comando della Fratellanza della Vera Fede e altrettanti Capitani della Confederazione in candide uniformi. Sopra l’icona stilizzata della Terra si erano fatti ricamare il cuore trafitto da chiodi con al centro una croce quadrata, lo stemma della Vera Fede.
I grandi olovideo a parete mostravano la situazione all'esterno. Sette navi schierate in assetto da guerra attorno alla gigantesca Colonia Stonewall, in orbita geostazionaria sul pianeta Lemmex3, un ammasso di monti metallici e pulsanti gorghi di plasma. Innumerevoli navette corazzate andavano e venivano da Stonewall, con le stive piene di tutto quanto i Marines riuscivano a mettere le mani. Uno degli aspetti più rilevanti della Crociata della Vera Fede di Markus Dynolph: la Pax Confederata aveva reso i mercati stabili, troppo per chi si arricchiva solo con gli sbalzi economici propri della guerra.
“La nostra Colonia non ha alcun vincolo diretto con la Confederazione Stellare” stava dicendo la donna, le cui mani erano state giunte forzatamente con un gel isolante. Alle sue spalle, con la bocca sigillata chirurgicamente, due robuste Sentinelle della Vera Fede la vigilavano con sguardi ottusi. “I rapporti diplomatici sono sempre stati rispettati sin dalla proclamazione di indipendenza dell’anno 2213.”
“Le ho già spiegato che la cosa è irrilevante” tuonò Dynolph, scoprendo una chiostra di denti aguzzi e giallastri. “I coraggiosi volontari della nostra Crociata obbediscono a leggi superiori a quelli dell’uomo!” Su tutte le reti di comunicazioni interstellari erano girati i video dei Militari che si univano alla Crociata, disobbidendo pubblicamente ai richiami all’ordine e alla pace provenienti dai vertici della Confederazione.
“Ammiraglio avete dichiarato l’intento di attaccarci” pur prigioniera, l’ambasciatrice di Stonewall non manifestava il minimo timore. “Non potete fare una cosa del genere appellandovi a chissà quale incomprensibile motivo! Abbiamo il diritto di capire…!”
“Un vero fedele non ha bisogno di capire, ma solo di sapere” tossicchiò uno dei Giudici.
“Volete una motivazione al nostro assalto?” ringhiò Dynolph. L’atteggiamento non dimesso della femmina lo infastidiva terribilmente. “E sia! Lo considererò come l’ultimo desiderio di un condannato.”
Si grattò l’ispida barba nera sul viso pieno e tondeggiante. “Avete stravolto le leggi fondamentali della razza umana: la liberalità sessuale proclamata da Stonewall all’atto della sua fondazione é uno dei semi del Demonio che la Vera Fede condanna da sempre. Non importa se il molle governo Confederale sino ad ora lo ha tollerato: noi non permetteremo che la vostra condotta lubrica condanni l’intera razza umana all’Estinzione!”
“Estinzione?” lei corrugò la fronte. “Abbiamo un tasso di natalità quasi identico a quello delle altre Colonie.”
“Quasi? Ecco il punto: quasi!” strillò uno dei Giudici, con la fronte butterata dagli impianti dermali. “Stonewall esiste da cinquantadue anni e già la vostra natalità è in drastico calo! Non mentite! Conosciamo i dati! E i dati sono tutto!”
“Rispetto al giorno fondazione siamo in calo di nascite solo del 3%. Il 3%!” ribattè lei basita. “Come potete parlare di estinzione?”
“A noi i dati non interessano!” sbraitò lo stesso giudice, strabuzzando gli occhi. “E’ estinzione! Estinzione!”
“Estinzione” ripeterono i più anziani accanto a lui, accaldandosi. “Estinzione!” ripeterono meccanicamente i militari, mentre contrattavano sui display olografici la vendita delle materie appena razziate. “Estinzione!”
“Estinzione?!” replicò lei, con forza. “Con queste percentuali, anche se Stonewall fossa chiusa in sè stessa, ci estingueremmo nell’arco di non meno di due secoli, né più né meno delle altre Colonie.”
“Le altre Colonie” riprese Dynolph. “Dobbiamo spazzarvi via proprio per salvarle! Ormai ben settantaquattro insediamenti hanno adottato il vostro protocollo di parificazione dei nuclei familiari indipendentemente dalle scelte sessuali dei suoi appartenenti. Non sanno, non capiscono, che questo porterà anche loro alla totale sterilità e alla fine della razza umana!”
“Non è così!” La donna scosse il capo. “Voi guardate alla natalità dei residenti, ma ogni anno aumentiamo la nostra popolazione di quasi il 6%, accogliendo gli stranieri che la Vera Fede ignora. Se siamo una delle dieci colonie più ricche è perché garantiamo alle navi profughi un approdo sicuro e parità di scambi commerciale. La Confederazione stessa sa che abbiamo accettato il 97% delle domande di asilo presentate.”
Numeri. Dati. Conferme. Gli Alti Giudici sbuffarono, irritati.
Una delle Sentinelle le allungò un calcio all’addome, facendola cadere carponi.
Alcuni Giudici avevano perso interesse all’interrogatorio e guardavano display cripati, tuttavia sui loro occhi si riflettevano immagini di corpi pallidi e rosati che pulsavano uno sull’altro.
Tutt’altro che domata, la donna rialzò il capo. “Quello che state commente è un abuso! Il Decreto di Autoregolazione Civile delle Colonie esiste da quasi un secolo. La Confederazione e la Flotta non possono intervenire in alcuna scelta delle colonie fino a quando non c’è manifesto pericolo per l’incolumità o la dignità umana dei suoi componenti.”
“Appunto!” ringhiò Atticus Onhe, uno dei giudici. “La compravendita di esseri umani è una lesione alla dignità umana!”
“Nulla di tutto questo è mai accaduto a Stonewall.”
“Sì, invece!” si stizzì lui, con gli occhi serrati e il viso arrossato, a pugni chiusi, in una postura infantile. “Sappiamo del mercato nero di bambini! Sappiamo dei loro rapimenti di massa! Sappiamo delle aste in cui li vendete a parodie di famiglie!” Un filo di bava biancastra schizzò sul suo petto.
“E’ per questo che ora ce li state portando via?” ribattè lei “Per quella vecchia leggenda urbana?”
“Li portiamo al sicuro. E se quelle aste sono una falsità allora dimostratelo!”
“Ma… Come possiamo dimostrare qualcosa che non è mai successo...?” La donna scosse il capo. “Spiegatemi invece voi come sia possibile che la nostra libertà sessuale sia vista come una minaccia!”
“Noi non abbiamo bisogno di dimostrare nulla” ribattè Dynolph. “La verità risiede solo nel cuore dei veri fedeli.”
Abbassò gli occhi sulla propria consolle: la razzia stava già dando i suoi frutti. In cambio delle materie prime promesse, in particolare il prezioso plasma estratto da Lemmx3, ben sette colonie su centododici avevano aderito ufficialmente alla Crociata. Questo avrebbe aumentando l'attrito tra la Fratellanza della Vera Fede ed i vertici della Confederazione Stellare. Dynolph non nascose un sorriso untuoso. Pur di evitare un conflitto interno, la pacifica Confederazione gli avrebbe garantito un lucroso posto a vita in senato. Avrebbe pensato poi a come giustificare la cessazione delle ostilità ai suoi Crociati, la cosa non lo preoccupava particolarmente: non erano persone in grado di comprendere appieno lo schema delle cose o porsi dei dubbi. Si chiese se intraprendere le ambasciate con il governo subito dopo la distruzione di Stonewall, oppure spostare la sua flotta verso Agorà7, un’altra facile preda nota per le sue immense serre idroponiche.

“Adesso basta” disse una voce dall'alto.
Militari, Sentinelle e la Giuria scomparvero di colpo, sostituite da due agenti della sicurezza che stavano al fianco dell’Ammiraglio. Dynolph, confuso, si ritrovò vestito con un camice da paziente ospedaliero, il colletto orlato di bava fino allo sterno, l'inguine maculato da chiazze di orina e altri umori. Attorno alla fronte aveva un dispositivo di controllo psichico. Lo portarono via mentre ringhiava oscenamente parole senza senso.
Lo sfondo svanì mostrando lo scenario attuale fuori dall'Ammiraglia: una flotta immensa di navi della Confederazione faceva da anello alla Colonia Stonewall, ridotta a nulla più di un gigantesco ammasso di metallo annerito, che ruotava sull’asse emanando sporadiche scariche di plasma. Della flotta di Dynolph restavano appena due fregare con lo scafo visivamente danneggiato dal recente scontro. La Confederazione Stellare voleva la pace, ma non al costo di montagne di cadaveri.
“L'indagine è stata chiusa sedici ore fa, Callia” disse la voce sintetica, proveniente da un’altra nave. “Dynolph è stato ritenuto pienamente colpevole di eccidio, sedizione, vendita di schiavi bambini e pirateria. Perché l'hai sottoposto ad un'altra ipnosi olografica?”
“Volevo capire perché ha fatto una cosa simile” Callia Deca si fece scivolare via il saio arancione dei prigionieri che copriva la sua uniforme di investigatrice psichiatrica. “Undicimilacentoquarantadue anime bruciate” deglutì a fatica. “Ma per cosa? Per aver aderito a una scelta di libertà sess...”
“No” la voce di Frydha, il suo ufficiale superiore, perse il consueto gelo. “Non è per quello. Il corpo. Il sesso. L'identità. Non c'entrano nulla. Mai. Semplicemente ci sono persone che hanno bisogno di odiare qualcosa. Bandiera. Razza. Pelle. Religione. Scelte. Devono odiare e suscitare odio nelle menti più semplici per riuscire a colmare...”
Callia attese alcuni secondi “Per colmare cosa?”
Dal trasmettitore non giunse alcuna risposta.
“Frydha?”
L’ispettrice indurì il proprio tono di voce. “Abbiamo seicentodiciotto bambini al centro medico e faranno le mie stesse domande.”
“Domani, Callia” mormorò Frydha, si avvertì un lungo sospiro. “Domani. Ti prego. C’è un limite allo schifo che anche io posso sopportare.”
Il collegamento si chiuse.

Callia si appressò agli schermi guardando Stonewall bruciare. Passò le dita sull’ologramma, cercando quasi di accarezzare le spaccature sullo scafo, come a volerle in qualche modo curare. Lo schermo oscillò, come uno specchio d’acqua increspata da una lacrima.